Aida nasce come una Grand Opéra: grandiosità, trionfalismo, scenari con piramidi e sfingi, parate militari, cori, danze, scene di massa. Un Egitto immaginario e sfarzoso che ben si addiceva ad un'idea dell’oriente ‘creato’ a misura degli occidentali. Ma Verdi, da uomo di teatro e artista d’eccezione, inserì nella musica un messaggio più vero: Aida può essere infatti presa a paradigma di una più vasta storia dell’uomo, una storia dove i personaggi non sanno più verso quale meta siano diretti, né quale sia il motivo che li tiene in vita – tutti noi, diceva Verdi “siamo come degli esuli che vagano alla cieca per trovare un motivo per vivere”.
A 150 anni dalla prima rappresentazione alla Scala di Milano, nel 1872, quest’anno il Progetto all’Opera affronta, quindi, uno dei melodrammi di più alto rango di tutto il repertorio mondiale. E lo fa con i bambini, con i ragazzi, con le insegnanti coinvolgendo attorno a questa produzione migliaia di famiglie fiorentine alcune delle quali, forse, non hanno mai sentito parlare di opera lirica… E lo fa partendo dall’assunto indicato dallo stesso Verdi: tentare di comprendere attraverso la polivalenza espressiva della musica i sentimenti, le passioni e le angosce che affliggono o esaltano i giovani di tutti i tempi. Poiché rappresentare Aida oggi, a così tanta distanza dal Risorgimento italiano e lontani dagli ideali patriottici che animavano le italiche contrade nell’800, significa, soprattutto, tornare alla sua essenza intima, alla bellezza delle melodie, alla profondità psicologia dei personaggi e allo sviluppo drammaturgico della vicenda. Gli edifici si sgretolano, le civiltà tramontano, ma le passioni, i sentimenti e gli umani affetti, oggi come tanto tempo fa, hanno il grande pregio di restare immutabili e di restituirci intatto lo splendore di Aida.